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L’importanza dei mass media per il contrasto degli effetti nefasti del sistema degli appalti. Una vicenda raccontata dalla Fillea Cgil Padova

Era il giorno di Pasqua e nei quotidiani locali padovani esce un articolo relativo ad una denuncia della Fillea Cgil di Padova su quanto successo nel cantiere dell’ex Rinascente in centro a Padova, dove due lavoratori assunti a tempo indeterminato dalla A.B.C. srl di Milano – ditta che operava in sub appalto per conto della capofila Intesa Costruzioni srl di Bergamo – una volta terminati i lavori, erano stati licenziati. Il sospetto della Fillea Cgil Padova era che questa fosse una prassi che si ripeteva in tutti i cantieri sparsi in Italia della ABC srl, coinvolgendo circa un centinaio di dipendenti.

“Quegli articoli – dicono il Segretario Generale della Fillea Cgil Padova, Gianluca Badoer, e il funzionario della categoria che seguiva quei lavoratori, Antonio Alaia – hanno indispettito, per non dire fatto uscire dai gangheri, più di qualcuno e hanno determinato alcune importanti conseguenze. Una di queste è stata convocare a Milano un incontro con Intesa Costruzioni durante il quale ci è stata ribadita la sua assoluta correttezza nei confronti dei propri dipendenti. Quanto avvenuto ci dà l’occasione non di rettificare ma di precisare due cose: la prima è ringraziare giornalisti e giornali che si sono occupati del caso. Dopo questi articoli i rapporti tra noi e Intesa Costruzioni sono completamente cambiati e, secondo noi, in senso positivo. La seconda è spiegare per bene tutta questa storia allo scopo non di attaccare Intesa Costruzioni srl, a cui non contestiamo nessuna irregolarità, bensì il sistema degli appalti dentro al quale operano questa e tante altre imprese. Un sistema che premia unicamente il profitto e determina una cascata di diseguaglianze e ingiustizie che si scaricano sull’ultimo anello della catena, ossia i lavoratori.

Ma partiamo dall’inizio. Era ancora maggio del 2022, dopo che nel cantiere era successo un incidente ad un lavoratore di un’altra ditta in appalto, che veniamo a contatto con due dipendenti di A.B.C. srl, impegnati nel cantiere dell’Ex Rinascente a Padova. Veniamo a sapere che l’azienda opera in almeno tre regioni, Piemonte, Lombardia e Veneto e ha circa un centinaio di lavoratori, per la maggior parte assunti a tempo determinato. Non solo: veniamo a conoscenza che A.B.C. srl è di fatto la continuazione di un’altra ditta da cui ha assunto il centinaio di dipendenti che costituiscono la sua forza lavoro. Nel caso padovano, ma il sospetto è che sia così ovunque, andando a spulciare le buste paga dei lavoratori scopriamo che non risultano essere registrati alla cassa edile territoriale, non si vedono riconosciuti i minimi contrattuali e/o le indennità territoriali previste dal contratto collettivo CEIV e gli viene mensilizzato il TFR. Va sottolineato che, per esempio, senza i versamenti all’ente bilaterale di riferimento, al lavoratore viene a mancare la tredicesima, le ferie e altro. Insomma, c’erano una montagna di irregolarità. Non bastasse, abbiamo il fondato sospetto che ci siano state delle irregolarità sui corsi di formazione sui temi della sicurezza cui sono tenuti i lavoratori. Ce n’è abbastanza per convocare, a ottobre, i dirigenti sia di A.B.C. che di Intesa Costruzioni e iniziare una vertenza per sanare la situazione, cosa che effettivamente si inizia a fare. Otteniamo l’assunzione a tempo indeterminato di tutti i lavoratori di A.B.C. srl e l’avvio di una corretta gestione dei rapporti di lavoro dei dipendenti. Inoltre, a partire da novembre i lavoratori smettono di mangiare a loro spese in cantiere e iniziano ad usufruire di pasti caldi in trattoria (cosa ottenuta dopo aver minacciato di fermarci ogni giorno a pranzo con loro se non veniva rispettato questo loro diritto) e a dicembre del 2022 ottengono 1500 euro per la mancata erogazione del pasto durante il periodo fin lì lavorato. E arriviamo a febbraio, quando ci raggiunge la notizia del licenziamento dei due lavoratori e alla successiva denuncia che ha scatenato la reazione di Intesa Costruzioni.

Nel corso di uno degli ultimi incontri, proprio come conseguenza degli articoli usciti sulla stampa, Intesa Costruzioni srl, pur ribadendo il rifiuto di ogni responsabilità su quel che accade nelle ditte a cui subappalta i lavori, ci comunica di aver risolto tutti i contratti di subappalto precedentemente stipulati con la società ABC Srl. Ma la cosa che letteralmente ci fa sobbalzare dalla sedia è però la comunicazione che l’intera forza lavoro di A.B.C. srl è stata fatta dimettere per confluire dentro ad un’altra azienda, appena nata, la GT Edil con cui sottoscriverà tutti i futuri contratti. Noi mettiamo molto ben in chiaro una cosa e cioè che non ci prendano in giro! Quanto ad ABC/GT Edil, sottolineiamo che per noi quel stanno facendo è semplicemente un maldestro tentativo di mascherare a tutti gli effetti una cessione di ramo d’azienda (materia regolata dall’art 47 della L 428/1990), in piena violazione di quelli che sono i diritti di lavoratori e lavoratrici. A quel punto poniamo una precondizione al proseguimento di un rapporto civile, ossia vogliamo l’armonizzazione delle RAL (Retribuzione Annua Lorda) di tutti i dipendenti e il recupero delle anzianità di tutti gli istituti contrattuali. Insomma: i lavoratori nel passaggio da una società all’altra non ci devono perdere nulla. Dobbiamo essere stati convincenti perché da allora Intesa Costruzioni si è correttamente impegnata a trasmetterci mensilmente la documentazione che dimostrata tutti gli adempimenti contrattuali con il nuovo subappaltatore GT Edil, dando piena evidenza del rispetto del CCNL applicato e delle disposizioni dei protocolli adottati nella regione in cui Intesa ha i propri cantieri e a cui ha affidato a GT Edil i lavori in subappalto.

Detto questo, resta il grande nodo su cui ci scontriamo, per quel che ci riguarda, non tanto con Intesa Costruzioni quanto con il sistema che permette situazioni come questa. Noi sappiamo molto bene che questa azienda, nei confronti di quella trentina/quarantina di lavoratori assunti direttamente si comporta correttamente. Ma il punto è che la legge le permette di fare lavori dove di lavoratori ne servono duecento. Come si fa con gli altri? Li si recupera tramite ditte in subappalto a cui vengono affidate le opere. Ditte che poi, a loro volta, potranno subappaltare ad altre imprese o cooperative di nuovo i lavori. E ad ogni passaggio, i margini di guadagno si assottigliano perché ogni ditta si tiene una quota. Il meccanismo è semplice: io ottengo un appalto per un lavoro a 100 mila euro. Me ne tengo 10mila e cedo il lavoro ad un’altra ditta a 90 mila che a quel punto eseguirà i lavori o ripeterà il meccanismo. Come farà la ditta che si trova alla fine di questa catena a guadagnare? È semplice: tagliando dove può, principalmente su forza lavoro e materiali. Questo non può che generare danni. Per ciò che attiene i lavoratori, significa che coloro che fanno materialmente il lavoro e costruiscono con il proprio sudore l’opera, sono anche quelli destinati a venir trattati peggio e a subire gli effetti nocivi di questo sistema. È vero che l’art 29 del D.Lgs 276/2003 obbliga le imprese committenti a rispondere in solido per i lavoratori in subappalto nel caso venissero accertate mancanze nelle loro condizioni retributive e contributive, ma è anche vero che questo avviene solo dietro ad un’azione individuale dei lavoratori. E questo è un limite perché impedisce la possibilità di fare delle vere azioni collettive da portare in giudizio. Per fare una metafora, è come cercare di costruire una grande diga con degli stuzzicadenti.

Con la liberalizzazione degli appalti a cascata decisa da questo Governo, situazioni come questa, successa in un cantiere tutto sommato medio, non potranno che esplodere con danni incalcolabili. Si pensi solo al numero di lavoratori e imprese coinvolte nelle grandi opere finanziate con i fondi del PNRR. In attesa che i tempi cambino, l’azione sindacale di contrasto a questi fenomeni può giungere solo fino ad un certo punto e può ottenere degli effetti positivi solo con una vigilanza collettiva. In questo senso i mass media possono essere molto importanti. Vicende come questa ce lo insegnano”.

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