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Articolo su il Mattino di Padova di oggi, lunedì 27 febbraio, sulla situazione che sta attraversando il centro logistico della multinazionale degli occhiali Safilo di Padova, dopo la decisione di procedere con la chiusura dello stabilimento produttivo di Longarone, ultimo step di una strategia industriale che di fatto si basa sulla delocalizzazione della produzione e che è partita già da anni con la chiusura dello stabilimento di Martignacco in provincia di Udine.
“Una parte degli occhiali che arriva oggi nel centro logistico di Padova viene fatta a Longarone – spiega Nicoletta Rampazzo della Filctem Cgil Padova – e con la chiusura della fabbrica bellunese potrebbe quindi significare un taglio dei prodotti in arrivo nel centro logistico padovano da imballare e, di conseguenza, una minor quantità di lavoro per chi ogni mattina varca l'ingresso dello stabilimento”.
Accanto a questo, preoccupa l'investimento in automazione che la società ha intenzione di portare avanti nel 2024 a Padova con un evidente aumento delle probabilità di ricadute sull’occupazione. “Il progetto è già stato avviato anni fa – sottolinea Gisella Pascali, Rsu e operaia della logistica alla Safilo di Padova da oltre vent'anni – e anno rivisto alcune parti del processo lavorativo, come il meccanismo di prelievo, che è stato potenziato con carrelli più tecnologici, per la cui gestione è richiesto meno personale”.
“L'unico piano industriale che intravediamo è la riduzione del personale: la chiusura di Longarone e la volontà di puntare sull'automazione lo dimostrano – sottolinea Nicoletta Rampazzo – ma in questo modo, spostando la produzione dove il costo del lavoro è più basso, non si può più parlare di Made in Italy e la qualità del prodotto ne risente. Negli anni l'interesse della Safilo si è sempre più spostato dalla qualità al mero profitto. Non a caso, marchi del lusso come Dior, Fendi e Armani hanno infatti deciso di non rinnovare le licenze con la multinazionale.
“Dal nostro punto di vista – prosegue Nicoletta Rampazzo – le scelte dell'azienda sono mera speculazione, soprattutto se si pensa che nel 2022 ha fatto quasi un milione di euro di utili e una crescita dell'11,1% rispetto al 2021. Ed è anche per questo che i lavoratori e le lavoratrici padovani hanno preso parte allo sciopero a Longarone di qualche settimana: vogliono chiarezza e sicurezze sul futuro”.
“Eppure però – riflette la sindacalista della Filctem Cgil Padova – a partire per la manifestazione, su 700 dipendenti dello stabilimento, saranno stati una settantina. Del totale solo 200 sono operai, il resto sono impiegati. Questi ultimi credono di essere al sicuro, e per questo si fa più fatica a coinvolgerli. Ma l'incertezza riguarda tutti”.
Anche perché di sicurezze i dipendenti non ne hanno ricevute nemmeno nel corso dell'incontro in Regione, il 23 febbraio scorso, al quale hanno partecipato, tra gli altri, l'assessora alla Reindustrializzazione Elena Donazzan, l'amministratore delegato Trocchia e i sindacati.
“Non è stato un confronto – dice la RSU Gisella Pascali – perché l'azienda ha già preso la propria decisione: non c'è volontà di investire in Italia e quindi di salvaguardare le competenze e la conoscenza dei lavoratori del territorio. Invece noi vogliamo che venga riqualificato lo stabilimento di Longarone, e quindi che vengano salvati i posti di lavoro, e che la produzione torni a essere in Italia”.
Un servizio di Telenordest dello scorso novembre sulla situazione di Safilo con un intervento di Nicoletta Rampazzo
La Federazione Italiana Lavoratori Chimica Tessile Energia e Manifatture, FILCTEM CGIL, costituitasi al congresso di Pesaro il 9 aprile del 2010, opera in importanti comparti dell'industria e dell'artigianato (chimico-farmaceutico, tessile- abbigliamento e calzaturiero, gomma plastica, vetro, concia e pelli, ceramica e piastrelle, occhiali, lavanderie industriali, lampade e display), dell'energia (petrolio, trasporto gas, miniere) e dei servizi ad alta rilevanza tecnologica (elettricità, acqua, gas).
Lo scenario che la FILCTEM CGIL ha di fronte ormai è chiaro e la sfida del cambiamento va raccolta. L'industria italiana della chimica, del tessile, dell'energia, delle manifatture opera ormai in un regime di contesa permanente per conquistare e/o consolidare quote di mercato e posizioni competitive.
Da qui, l’impegno della CGIL, in Italia e in Europa, e della Federazione nel promuovere una vera e propria politica industriale integrata nei confronti del Governo e delle imprese su innovazione di processo e di prodotto, per puntare su maggiore efficienza energetica, tutela ambientale, eccellenza qualitativa del “made in Italy”, tracciabilità, ricerca, formazione e integrazione di filiere: elementi, questi, tutti indispensabili per affermarsi nella competizione internazionale, valorizzare e difendere il lavoro, l'occupazione, il merito, la professionalità.
Più di 232.000 iscritti, una tradizione unitaria storicamente consolidata nella Filcem e nella Filtea, 31 contratti nazionali di lavoro che si rivolgono ad una platea di oltre 1.500.000 lavoratrici e lavoratori, un'organizzazione “a rete” su tutto il territorio nazionale che si articola nelle sue sedi regionali e territoriali con migliaia di Comitati degli iscritti, RSU e RLS in quasi tutte le imprese.
Otto i fondi di previdenza complementare (oltre 430.000 gli iscritti associati al 31 dicembre 2012) nei quali la Filctem è fonte istitutiva: Fonchim (chimici, farmaceutici), Previmoda (tessili, abbigliamento), Fopen (Enel e altre società elettriche), Fiprem (gruppo Montedison), Pegaso (imprese elettriche e gas-acqua degli Enti locali), Fondenergia (Eni, petrolio, aziende private del gas), Foncer (piastrelle, ceramica, refrattari), Fondogommaplastica (cavi elettrici, plastica, gomma).
Inoltre sono presenti due fondi intercategoriali: Fon.te (che ha recentemente acquisito gli artigiani chimici, ceramica, tessili ex Artifond) e Fondapi (settori Confapi), oltre a Cooperlavoro (cooperative e dipendenti Cgil).
Tre i fondi integrativi sanitari attualmente presenti che, sempre al 31 dicembre 2012, assistono più di 320.000 tra lavoratori in servizio, le loro famiglie, i pensionati: Faschim (per i lavoratori chimici, farmaceutici e affini), Fisde (per i lavoratori Enel e altre società elettriche), Fasie (energia e petrolio, gas-acqua).
Operativo dal 1 febbraio 2013 anche San.Arti, il fondo intercategoriale artigiani (nel nostro caso, aree chimica e tessile).
Due, infine, le esperienze presenti di associazioni sociali e assistenziali: l'Arca (Gruppo Enel) e il Fasen (Gruppo Eni) che, insieme, sfiorano i 90.000 assistiti diretti.
La FILCTEM, tramite la Cgil, è affiliata alla Confederazione Internazionale dei Sindacati (ITUC–CSI), alla Confederazione Europea dei Sindacati (CES) e a due delle sue federazioni più rappresentative: Epsu (servizi pubblici), IndustriAll – European Trade Union (industria e manifatture) in Europa, rispettivamente Isp e IndustriAll – Global Union a livello internazionale.
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