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Emergenza casa: ieri, domenica 22 maggio, il Flash-Mob, sotto il ponte del Bassanello, del Sunia Cgil Padova

Michele Brombin, Sunia Cgil: “Dopo il Covid, la guerra: se continua così molti rischiano di andare a finire sotto ad un ponte. Istituzioni affrontino il problema o si andrà incontro al disastro.”

“Già prima del Covid molte famiglie erano in difficoltà. Poi, con la perdita del lavoro a causa della pandemia, molte persone si sono trovate in grave disagio e non sono riuscite a pagare l’affitto, le spese condominiali, le rate del prestito per fare fronte ai problemi di salute, delle utenze arretrate di casa, gas, energia elettrica, asporto rifiuti. La conseguenza è stata che passata la fase emergenziale della pandemia, sono iniziati gli sfratti delle abitazioni del privato e negli alloggi popolari. E ora, con l’inizio della guerra, si stanno accentuando ancora di più le difficoltà delle famiglie che rischiano, letteralmente, di finire sotto un ponte”. Inizia così la riflessione con cui Michele Brombin, Segretario Regionale del Sunia Cgil, ha spiegato le motivazioni alla base della protesta pubblica andata in scena ieri, domenica 22 maggio, dalle 16.00 alle 19.00, sotto il ponte che collega Via Giotto e il Bassanello, a Padova.

“Nella nostra città – prosegue il Segretario del sindacato degli inquilini della Cgil – sono circa 1.600 le famiglie che hanno fatto domanda di alloggio popolare ma sono soltanto un centinaio gli alloggi che, a breve, potranno essere assegnati. Questo significa che l’offerta è assolutamente inadeguata rispetto alla domanda: servono più alloggi popolari. La prima cosa da fare è quella di riattare tutti quelli che sono chiusi da anni. Servono più incentivi per ridurre gli affitti del mercato privato, servono più risorse per la casa, per le spese condominiali, per le bollette. Il Governo con il Decreto “Aiuti” ha stanziato soltanto 100 milioni per gli affitti a fronte di una necessità di circa 250 milioni. Sono risorse assolutamente insufficienti: così si continua la politica del pannicello caldo per lenire il dolore ma non per guarirlo”.

“L’acquisto di armi per la guerra – conclude Michele Brombin – non aiuta le famiglie in difficoltà. Al contrario, va in tutt’altra direzione. Basta: fermiamo la guerra, basta con le armi, riduciamo le spese militari e aiutiamo di più le famiglie”.

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