Articolo de Il mattino di Padova sul tema del ritorno in ufficio per circa 3000 dipendenti pubblici, nell’intera provincia, a partire dal 15 ottobre come prevede il Decreto Legge firmato recentemente dal premier Mario Draghi. Esclusi quelli che lavorano nelle scuole, a Padova i dipendenti pubblici sono circa 20 mila. Circa il 15% di loro, ad oggi, opera ancora da remoto il resto è già tornato in ufficio. Dunque, dal 15 ottobre, oltre all'obbligo del Green pass per tutti i lavoratori, compresi privati e autonomi, la volontà è quella di un ritorno della totalità dei dipendenti pubblici negli uffici. Una decisione che incontra le perplessità della FP Cgil di Padova.
Dice Enrico Ciligot, Segretario Generale della Funzione Pubblica Cgil Padova: “Personalmente trovo sia una decisione un po' affrettata, fermo restando che lo smart working si era già molto ridotto dopo l'estate. Ma resta una contraddizione: se è vero che lo smart working è legato allo stato d'emergenza (che termina il 31 dicembre) non vedo perché far rientrare tutti in ufficio già dal 15 ottobre”.
“Sono due gli aspetti che vanno valutati – prosegue il sindacalista della Cgil padovana – e il primo riguarda il concetto stesso di smart working che in realtà è una modalità di lavoro che ha trovato poco riscontro nella pratica quotidiana perché quello che molti di noi hanno fatto finora è più che altro un remote working. Lo smart working è infatti regolamentato da una legge mai applicata, la 81 del 2017, che prevede il lavoro da remoto senza vincolo di orario e di postazione. Questo non è mai successo. Si è lavorato da casa con gli stessi orari dell'ufficio. O addirittura si è lavorato di più”
“Per questo lo smart working – dice Enrico Ciligot – andrebbe regolamentato meglio. Proprio ora si stanno rivedendo i contratti collettivi nazionali degli enti pubblici dove si stanno introducendo anche delle linee guida sul lavoro da remoto. Per esempio, parliamo del diritto alla disconnessione che va inserito nel contratto. Se un lavoratore riceve una mail alle 22 di notte di un venerdì, per intendersi, ha il diritto a non leggerla. Ma, spesso, questo con il lavoro da remoto non è successo e molte persone si sono trovate a lavorare anche extra orario. Voglio ricordare che l'ex ministra alla pubblica amministrazione Fabiana Dadone ha certificato che nel primo lockdown la produttività negli enti pubblici è aumentata. Lavorare da remoto non vuol dire non lavorare ma lavorare in modo diverso”.
“L’altro aspetto che va valutato oltre alla questione contrattuale – conclude la sua riflessione Ciligot – e che ci fa ritenere affrettata la decisione del governo di far rientrare i dipendenti pubblici in ufficio dal 15 ottobre, è data dalla considerazione che la pandemia non è affatto finita e i contagi sono all'ordine del giorno. Questo lo vediamo da quello che sta accadendo nelle scuole. Un bambino in quarantena vuol dire due genitori a casa. E allora non è meglio che lavorino grazie allo smart working? E poi c'è il punto nodale dei trasporti dove, tutti i giorni, vediamo che in realtà, soprattutto nelle ore di punta, la capienza all'80% nei mezzi pubblici non è rispettata. Autobus, tram, corriere sono stracolmi. Il rischio di contagiarsi è chiaramente alto e quindi non mi stupirei se la maggior parte dei lavoratori che torneranno in ufficio decidessero di usare il proprio mezzo piuttosto che servirsi dei mezzi pubblici, con ovvie ripercussioni sul traffico”.
Si allega l'articolo de il Mattino di Padova