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La solidarietà della Cgil di Padova a Don Luca Favarin

Raid contro il Campus Kidane di Don Luca Favarin

Cgil Padova: “Solidarietà a Don Luca Favarin e netta condanna del gesto intimidatorio contro la comunità dei minori: necessario fare piena chiarezza su quanto accaduto”

“L’accoglienza va sempre difesa. Quanto accaduto è un brutto segnale. Necessario che tutti facciano la loro parte per difendere esperienze di integrazione e liberazione come quelle promosse da Don Luca Favarin. Europa e Italia per questo tema fanno ancora troppo poco”

Non si fa attendere la reazione della Cgil di Padova dopo il raid che ha messo a soqquadro il Campus Kidane destinato, da Don Luca Favarin e dalla Cooperativa Percorso Vita, a progetti di integrazione per minori stranieri, spesso vittime del racket della prostituzione, dello spaccio e dei furti.

“Quanto accaduto al Campus Kidane – dice Aldo Marturano, Segretario Generale della Cgil di Padova – è molto grave. Trovo doveroso esprimere innanzitutto la solidarietà della Cgil padovana a Don Luca Favarin, una persona da ringraziare quotidianamente per tutto quello che ha fatto e fa per centinaia di ragazze e ragazzi in progetti come quello che hanno voluto vigliaccamente colpire. In secondo luogo non si può che condannare nettamente questo gesto dal chiaro sapore intimidatorio: se il suo obiettivo era spaventare chi crede nell’integrazione, ebbene si sappia che ha fallito: oggi ci crediamo di più e siamo più che mai determinati a difendere questo tipo di esperienze”

“Bene ha fatto Don Favarin – prosegue il Segretario Generale della Cgil di Padova – a chiedere subito l'intervento della Polizia Scientifica: è necessario fare la massima chiarezza su quanto avvenuto e trovare al più presto i responsabili. Ma che sia il risultato di una premeditazione calcolata o il frutto avvelenato del clima d'odio che si respira nei confronti dei migranti, non cambia l’esecrabilità del gesto”.

“In generale – conclude Aldo Marturano – credo che progetti come quelli che promuove Don Luca Favarin vadano sempre difesi. Attraverso essi, molti giovani non sono finiti sulla strada della criminalità. Hanno potuto studiare, altri hanno imparato un mestiere e intrapreso un percorso lavorativo. Hanno, in poche parole, potuto condurre un'esistenza normale, lasciandosi spesso alle spalle esperienze traumatiche in grado di spezzare la psiche di chiunque. Crediamo che progetti di questo genere, oggi portati avanti grazie al generoso spirito di iniziativa di “eroi” solitari (come Don Luca Favarin) in realtà dovrebbero avere una regia istituzionale, dovrebbero essere un punto fisso nel programma di interventi europeo e nazionale. Ma la verità è che per l’integrazione si fa ancora troppo poco”.

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