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Marturano: “La crisi colpisce le donne, perché più precarie e maggiormente occupate nel commercio, il settore più in forte difficoltà”

Qualche giorno fa su il Mattino di Padova, sono usciti i dati sull’andamento della disoccupazione nella nostra provincia che evidenziano di come il settore più colpito dalla crisi sia stato quello del commercio (Il 96,2% di chi ha perso il posto di lavoro tra Padova e provincia nel 2020, anno di esplosione dell'emergenza Coronavirus, è formato da operatori alberghieri, ristoratori e dipendenti di pubblici esercizi) e che a pagarla maggiormente sono state le donne, nonostante il tasso di disoccupazione femminile scenda di 1,3% punti, un numero ingannevole perché non considera le "inattive", ossia le donne che un lavoro non lo cercano neanche più.

Dice Aldo Marturano, Segretario Generale della Cgil di Padova: “La crisi si è abbattuta soprattutto nell'ambito dei servizi e prevalentemente sulle donne, anche perché lavorano più degli uomini in questo settore. In più si tratta di personale precario e quindi già più esposto rispetto agli altri. Quindi il problema ancora una volta è la stabilizzazione”.

A Padova il tasso di disoccupazione femminile è sceso da 8,5% a 7,8%. Un numero solo apparentemente positivo, che viene calcolato in base al numero dei disoccupati rispetto alla popolazione, ma non tiene conto dei cosiddetti "inattivi" (vale a dire di chi non cerca più lavoro), falsificando quindi il dato. In città e provincia sono più di 125 mila le donne che hanno smesso di pensare ad una propria indipendenza, circa 11 mila in più rispetto al 2019 (più 10%). Esattamente il doppio rispetto agli uomini, per cui c'è un aumento del 5%, su numeri sempre preoccupanti ma molto inferiori (63 mila gli inattivi 2020). Laconico Aldo Marturano: “Le donne stanno rinunciando a lavorare”. E sul futuro che con la fine del blocco dei licenziamenti si paventa molto fosco conclude: “Bisogna immaginare politiche che evitino i licenziamenti anche dopo lo sblocco e favoriscano la rigenerazione e la formazione del personale che rimarrà senza lavoro, in modo da inserirle immediatamente nel mondo del lavoro. E d'altronde tutto questo fa parte dei progetti legati alle risorse che arriveranno dall'Europa. Non bisogna licenziare, ma tenere fermo il personale, formarlo per farlo acquisire nuove competenze sull'innovazione tecnologica e la sostenibilità ambientale».

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