
Riccardo Sandre sul Mattino di Padova (sito)
Circa 250 esuberi di personale e oltre 3600 dipendenti di alcune delle aziende padovane più in vista del territorio sono coinvolti in stati di crisi, fallimenti e concordati, mobilità su base volontaria o l'utilizzo di ammortizzatori sociali.
In un periodo che fino a ora testimonia una sostanziale tenuta dell'occupazione, con dati altalenanti sul tema delle assunzioni (in crescita per il primo trimestre del 2019 del +16,4% sull'ultimo del 2018, ma in caduta del 6,8% sullo stesso periodo del 2018), gli indicatori iniziano a segnalare una tendenza poco rassicurante soprattutto a proposito di Cassa Integrazione (Cig).
Secondo il barometro redatto dall'Ente Camerale padovano su dati Veneto Lavoro, le ore di Cig richieste in provincia di Padova segnano, tra aprile e giugno 2019, un incremento del 92,4% su base annua e di poco sotto il 50% tra il primo e il secondo trimestre di quest'anno.
Un andamento che la stessa Assindustria Veneto centro registrava addirittura del +110% su base annua nello stesso periodo per il solo settore metalmeccanico, di fatto uno dei pilastri dell'intera economia delle due provincie di Padova e Treviso.
E se crisi come quella di Coge Mantovani, protagonista di un fallimento che vede i 21 lavoratori (erano 116 nell'agosto 2018) ancora incerti sul proprio futuro, o come quella del ramo edile di Fip (78 dipendenti coinvolti dalla cessazione dell'attività) sono i frutti di un percorso legato a particolari eventi e dinamiche che vengono da lontano, la Cig a rotazione e i blocchi produttivi di gioielli dell'industria regionale come Acciaierie Venete (400 i dipendenti coinvolti nei provvedimenti a Padova), Maschio Gaspardo (500 dipendenti) e Fonderie Zen (130) raccontano di una congiuntura che rischia di avere conseguenze pesanti sul sistema produttivo locale.
«L'export extraeuropeo è in contrazione per via dei dazi» ricorda Aldo Marturano, segretario generale della Cgil di Padova «con ulteriore peggioramento in prospettiva per le recentissime decisioni dell'amministrazione americana. L'export in Europa è in difficoltà a causa della crisi produttiva tedesca, ossia dell'economia di cui siamo tra i principali sub fornitori. La domanda interna è stagnante per bassi salari e lavoro precario. La precarietà, l'instabilità la fanno da padrone anche nel mercato del lavoro veneto, dove gli ultimi dati confermano che i 4/5 delle nuove assunzioni non sono stabili. Se poi aggiungiamo i problemi che vivono i pensionati, tra mancate rivalutazioni e assegni troppo bassi (in provincia di Padova siamo sotto i 1000 euro al mese)», osserva sempre Marturano, «ci rendiamo immediatamente conto cosa c'è alla base delle difficoltà della nostra economia, stretta com'è tra una vocazione all'export frustrata da una congiuntura internazionale a dire poco incerta e un mercato interno profondamente stagnante».
Secondo il segretario della Cgil di Padova, tuttavia, sono pure altri i fenomeni alla base delle crisi aziendali del territorio. «Casi complessi come quello di Safilo, quello diverso di Comdata e ancora l'uscita di Auchan dal mercato italiano», spiega Marturano, «sono frutto, con articolazioni differenti, di una logica del massimo profitto e della ricerca di un basso costo del lavoro che è tipica di multinazionali che fanno i conti più con dinamiche di tipo finanziario che industriale in senso stretto. Non è stata diversa la questione, molto dolorosa per la città, della Rinascente che ha visto la proprietà, appunto un fondo internazionale, preferire la via semplice del taglio dei punti vendita a quella responsabile del rilancio».