
Intervista di Riccardo Sandre, uscita ieri su il Mattino di Padova, ad Aldo Marturano, Segretario Generale della Cgil di Padova: «Padovani inattivi cresciuti a ben 186 mila. Nel post-Covid si deve ripartire dal lavoro»
«L'intervento del sindacato ha scongiurato una catastrofe occupazionale ma inattivi e povertà mettono un'ipoteca in più su di un futuro che deve guardare agli investimenti e all'innovazione per assicurare ai lavoratori padovani qualche speranza». A dirlo è il segretario generale della Cgil di Padova Aldo Marturano, a pochi giorni dalla fine di un 2020 difficilissimo.
Cassa integrazione e ammortizzatori, blocco dei licenziamenti e ristori sono misure sufficienti a tutelare il futuro occupazionale di Padova?
«In effetti anche grazie all'attività costante del sindacato siamo stati in grado di scongiurare quella che sarebbe potuta essere una vera e propria catastrofe. Senza una cassa integrazione Covid diffusa come quella a cui le imprese hanno potuto attingere in questi mesi e senza un blocco dei licenziamenti opportunamente prorogato fino a marzo 2021 ora ci troveremmo di fronte a decine di migliaia di famiglie in stato di indigenza, senza prospettive reddituali o lavorative».
Un dispiegamento imponente: può fornire dei numeri?
«Solo la cassa integrazione ordinaria, quella finanziata dal governo a causa del Covid, è stata 30 volte superiore a quella usata solo un anno fa, nel 2019. La cig Covid ha interessato oltre 80 mila lavoratori. A questi si aggiungono quelli coinvolti dal Fondo integrazione salariale, Fis, e dalla cig in deroga che hanno interessato complessivamente poco meno di 20 mila lavoratori. Ci sono poi gli oltre 17 mila dipendenti del mondo artigiano che hanno usufruito del Fsba, il fondo di solidarietà bilaterale. Strumenti che gli enti previdenziali hanno saputo gestire con eccezionale rapidità ed efficienza. La mole di richieste e di denaro necessario tuttavia hanno causato rallentamenti nell'erogazione degli assegni anche molto dolorosi per intere famiglie che per mesi hanno avuto concrete difficoltà di gestione anche delle esigenze minime di sussistenza».
Pure se molto è stato fatto a tutela del lavoro a rimanere in mezzo agli ingranaggi ancora una volta sono stati i più deboli. Quali sono i numeri per Padova?
«Solo in provincia i posti di lavoro persi sono stati circa 8 mila anche a fronte di un blocco dei licenziamenti. A subire la sorte peggiore ancora una volta le donne e i giovani, le categorie più spesso legate a contratti precari, soprattutto nel turismo, nella ristorazione, nel commercio, nei pubblici esercizi e negli spettacoli. Un settore del terziario che era stato per anni il bacino di raccolta dei lavoratori espulsi dall'industria e che ora ha dimostrato tutta la sua fragilità ». Ma c'è un altro elemento di criticità nei numeri della provincia, qual è? «Si tratta della crescita preoccupante degli inattivi: a Padova le persone tra i 14 e i 64 anni che non studiano, non lavorano e non cercano un'occupazione sono arrivati ad essere oltre 186 mila, il 5% circa in più rispetto al 2019. Una crescita che è molto meno evidente di quella nazionale - che supera il 10% - ma che rimane preoccupante per il futuro di questo territorio».
Eppure si continua parlare di professioni di difficile reperimento: solo Padova sarebbero oltre 22 mila i posti di lavoro vacanti. Non le pare una contraddizione?
«Più che altro questo è un tema che attiene al futuro del nostro territorio: dobbiamo scommettere sull'innovazione, sullo sviluppo di nuovi prodotti e sulla modernizzazione dei processi produttivi: oggi lo fanno meno di tre imprese su 10 a Padova. Nel contempo dobbiamo scommettere sulla formazione dei lavoratori».
Come crede si possa ottenere qualche risultato?
«Padova, con il progetto del nuovo ospedale, il Competence center e l'Innovation hub ha grandi opportunità di crescita nell'innovazione e nel trasferimento tecnologico se a queste si volesse aggiungere politiche di stimolo degli investimenti pubblici e privati. Ma senza competenze anche le migliori tecnologie diventano inutili. È per questo che auspichiamo una rinnovata collaborazione tra i protagonisti dell'innovazione e i sindacati così da attivare percorsi di formazione per tutti i lavoratori».
In allegato l'intervista su il Mattino